Quando l’oro dormiva e nessuno se ne preoccupava
- Stefano Saldarelli
- 4 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min
Per capire perché oggi "l’oro corre", bisogna ricordare quando "stava fermo."
Nel mondo degli investimenti, come spesso accade con tutto ciò che chiamiamo "passato", si manifesta una sorta di amnesia collettiva. Spesso si tende a ragionare solo in funzione di ciò che sta succedendo oggi, dimenticando quello che è accaduto ieri, ignorando che spesso il futuro mette radici proprio in quelle stagioni che sembravano insignificanti.
Ecco perché, davanti al rally dell’oro degli ultimi anni, in tanti si chiedono:
Ma com’è possibile che oggi salga così tanto?
Eppure, nessuno si domanda perché, per due decenni, l’oro sia rimasto fermo, bloccato, silenzioso, quasi invisibile. Era lì, sotto gli occhi di tutti ma in pochi lo consideravano.
In questo articolo non ti dirò dove andrà l’oro domani. Non lo so io e non lo sanno nemmeno i più grandi economisti che in questo momento si spendono in previsioni da prima pagina. Se sapessi dove andrà l’oro domani non me ne starei a Prato a scrivere articoli. Probabilmente girerei il mondo con spirito avventuriero, senza pormi troppe domande sul futuro (almeno quello economico). Proverò invece a raccontarti dove stava ieri attraverso "5 atti", come se fosse un'opera teatrale.
Ti parlerò del perché di quella lunga immobilità che forse è ancora più importante della sua corsa attuale. Quell’oro fermo stava solo aspettando il momento giusto per mostrare i propri muscoli...
Atto 1 – L’età dell’apparente stabilità
1985–2005: vent’anni di silenzio dorato
C’è stato un lungo periodo in cui l’oro sembrava non interessare più nessuno.
Tra la metà degli anni ’80 e la metà dei 2000, il prezzo dell’oro restò in un limbo. Non crollava, ma nemmeno saliva. Si muoveva poco, come se fosse diventato irrilevante. Nel mondo degli investimenti, quando qualcosa non si muove… semplicemente smette di essere oggetto di attenzione.

La fiducia nel sistema economico era altissima, per vari motivi:
l’Occidente aveva "vinto la Guerra Fredda"
la globalizzazione sembrava una macchina perfetta
i mercati finanziari vivevano un’epoca d’oro (ma non di oro fisico)
cresceva il settore tecnologico
volavano gli indici azionari
si moltiplicavano gli strumenti finanziari, sempre più sofisticati
La parola d’ordine era: ottimismo. Il mantra: “Il mondo è cambiato e il futuro è solo crescita”.
Poi arrivò l’euforia dot-com. Bastava aggiungere ".com" al nome di un’azienda per attrarre milioni, anche senza prospettive concrete. Nel 2001 la bolla esplose.
Chi investiva in oro in quegli anni veniva visto come nostalgico, pessimista o paranoico. Eppure, quell’oro "noioso" stava solo aspettando. Quando arrivò il crollo dei subprime, trascinandosi dietro la quarta banca d'investimento più grande degli Stati Uniti (Lehman Brothers), considerata, anche dal Governo degli Stati Uniti d'America, "too big to fail", ovvero troppo grande per fallire, evidentemente, ancora una volta, l’intero sistema si mostrò in tutta la sua fragilità e da quel momento l’oro tornò a brillare.
Atto 2 – I giorni del risveglio
2005–2012: il ritorno del re
All’inizio nessuno ci fece troppo caso. Poi, lentamente, l’oro cominciò a muoversi; poco ma abbastanza da farsi notare.
La crisi dei subprime aveva incrinato il mito dell’infallibilità dei mercati. Banche sull’orlo del collasso, governi costretti a stampare moneta, debito pubblico impazzito.
E l’oro?
Quando l’oro dormiva (e nessuno se ne preoccupava), tornava a fare ciò che ha sempre fatto: rassicurare e proteggere.

Non prometteva dividendi. Non dava interessi. Non era sexy ma era lì, fisico, tangibile, fuori dal sistema bancario.

Nel 2005 valeva circa 400 $/oncia. Nel 2011 superò i 1900 $. Una corsa pazzesca, iniziata nel disinteresse e... finita sul trono.
Era il ritorno del re. E molti se ne accorsero solo quando era già seduto sul trono.
Ma quella corsa non fu eterna. Dopo il picco arrivò la pausa e anche lì molti parlarono di “fine dell’oro”. Spoiler: si sbagliavano di nuovo.
Atto 3 – L’illusione della ripresa
2013–2018: quando sembrava che il peggio fosse passato.
Dopo la grande corsa tornò la calma. Il prezzo dell’oro calò lentamente e si stabilizzò sotto i 1200 $ l’oncia. Per molti, tornò a essere "noioso".
Le banche centrali stampavano liquidità, i tassi erano a zero, le Borse tornavano a volare. L'attenzione si spostò altrove: tech, cripto, innovazione e start'up. Tutto era digitale: i soldi, le relazioni, perfino l’identità. L’illusione era totale. Sembrava davvero che il sistema avesse imparato la lezione del 2008. E invece, ancora una volta, la storia non era finita e la lezione, evidentemente, non fu tenuta in considerazione.
Atto 4 – L’oro nel nuovo mondo
Dal 2020 a oggi: l’epoca dell’incertezza permanente
Improvvisamente il mondo si è fermato. Il 2020 ha segnato la fine dell’illusione. La pandemia ha congelato economie, interrotto catene di approvvigionamento, messo in crisi sistemi sanitari, politici, produttivi e le relazioni sociali. La fiducia cieca nella stabilità globale ha cominciato a incrinarsi.
In pochi mesi le banche centrali sono tornate a stampare moneta in quantità mai viste. I governi hanno messo in campo piani di aiuto mastodontici, mentre la gente, chiusa in casa, guardava salire l’inflazione, le bollette, l’insicurezza.
E proprio in quel contesto l’oro ha ricominciato a brillare.
Nel 2020 è tornato a sfiorare i 2000 dollari, nel 2022 ha tenuto botta e nel 2023–2024 ha mostrato i muscoli.
Perché?
Perché dopo la pandemia non è tornata la normalità ma, al contrario, è iniziata l’era dell’instabilità crescente:
la guerra in Ucraina, che ha riportato la geopolitica sul tavolo;
l’inflazione galoppante, che ha eroso il potere d’acquisto;
la guerra tra Israele e Gaza;
le tensioni tra Stati Uniti e Cina, con il ritorno della logica dei blocchi;
la crisi energetica, con i prezzi alle stelle;
le elezioni politiche alla Casa Bianca;
i dazi di Trump;
il ritorno della paura, in tutte le sue forme: economica, sociale, climatica, digitale.
Il mondo si è scoperto, ancora una volta, fragile e sul rischio di un default imminente. L’oro, che era stato snobbato per anni come lento e sorpassato, è tornato a essere un rifugio, un'ancora, una sicurezza, una certezza che non promette interessi ma difende valore. Una garanzia fisica in un’epoca sempre più virtuale. Un pezzo di futuro scavato nel passato. Peccato che quel passato non aveva insegnato che in ambito economico l'oro NON deve essere paragonato a un investimento finanziario perché NON è un prodotto finanziario. È una materia prima e come tale va trattata e considerata. Può essere una scelta complementare, diversa da ciò che viene considerato più speculativo. Se non hai tempo o voglia di attendere, forse l'oro fisico da investimento non è la scelta giusta per te, anche se, in momenti anomali come questi, ha risposto ai mercati anche come asset speculativo nel breve termine. Non va però considerata come una caratteristica intrinseca di questo metallo ma come un evento eccezionale, potenzialmente ripetibile ma sul quale non fare i propri progetti. Semmai, pensando all'oro fisico da investimento come soluzione per proteggere il proprio denaro dell'inflazione, dal default delle valute e godere del pieno possesso del valore che si è accumulato, sotto forma di placchette, lingotti o monete.
Ultimo atto, nr. 5 - Cosa fare?
L’oro non è una scommessa. Non è il biglietto vincente della lotteria. Ti tiene saldo quando tutto il resto traballa. Non promette rendimenti stellari ma protegge. Non fa rumore ma resta dove lo metti, silente e sull'attenti come un soldato di guarnigione a protezione della propria fortezza. Non segue le mode ma la storia. Non è per tutti ma dovrebbe far riflettere chi, in questi anni, ha visto perdere il potere di acquisto della valuta fiat. L’oro è lì, come sempre. Immobile, solido, reale. Non si può stampare, non si può cancellare, non si può clonare. Si può solo tenere da parte, per quando servirà.
Se l’oro corre, e prima è rimasto fermo per vent’anni, la vera domanda non è “quando comprarlo” ma “perché ignorarlo ancora?”
Adesso se ne parla tanto perché è quella certezza che fa notizia; è quell'asset che, ancora una volta, torna in auge quando il mondo perde ogni riferimento. L'oro è il riferimento dell'economia mondiale; è il sottostante di tanti prodotti finanziari; è la sicurezza che da sempre riempie i caveaux delle Banche centrali; è l'unica materia prima che rappresenta valore assoluto, bellezza, lusso e che è intrisa di esoterismo, magia, religione, spiritualità e potere.
E se non servirà mai?
Beh, sarà sempre e comunque quel prodotto scambiabile, bello da possedere, utile da avere, che contribuisce in modo tangibile a tenere in piedi un sistema economico - globale - e, comunque...
...non conosco nessuno che con dell'oro in mano abbia mai avuto problemi economici o, peggio, sia fallito, diversamente da chi ha fatto scelte di investimento in altri ambiti.
Approfondimenti:
Wikipedia: Bolla delle dot-com
Macrotrends: NASDAQ Composite - 45 Year Historical Chart
Wall Street Italia: Lehman Brothers, 15 anni dopo il fallimento. “Too big to fail”
Il Sole24 Ore: Le banche centrali stampano moneta per battere il Coronavirus. La classifica
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